La mostra che prosegue nella biblioteca Valvassori Peroni sino a fine settimana e oltre parla anche delle cascine di Lambrate. E due di queste portano il nome di: cascina San Gregorio vecchio e cascina Molino San Gregorio. E il santo da il nome, a porta Venezia, ad una via e a una chiesa che si affaccia sulla via omonima.
Ma via e chiesa sono state tracciate e sorte la dove un tempo vi era un cimitero che, indovinate un po’, si chiamava San Gregorio.
Il cimitero San Gregorio era proprio a ridosso del Lazzaretto. Durante le epidemia di peste che vi furono a Milano – dal 1576 al 1578 e dal 1629 al 1631 – vi trovarono sepoltura migliaia e migliaia di morti. All’epoca delle prime sepolture San Gregorio non era neppure un cimitero: era un campo rimediato alla bisogna. Qui venivano scavate larghe fosse e giornalmente a carri – vi furono periodi in cui i morti toccarono i 3000 al giorno – le salme e, talvolta, i corpi dei creduti morti, erano portate e sepolte con poca terra.
Bastarono pochi anni che il vento e la pioggia spazzarono via quella poca terra e per quasi un secolo quelle ossa sbiancate restarono esposte alla vista di chi passava.
Solo nel 1723 una pia confraternita pensò di comporre quei resti; eresse alla belle e meglio una cinta e il campo divenne più propriamente un luogo di devozione. Quel luogo prese il nome di Foppone o grande fossa.
Nel 1780, quando cessò l’uso di seppellire i morti nelle chiese, l’autorità comunale decise di decentrare i luoghi di sepoltura e ne sorsero 6. Uno di questi fu il Foppone che ufficialmente divenne il cimitero San Gregorio. Misurava 223, 37 mq. Ed era circondato da un’alta mura che di tanto in tanto crollava per lurghi tratti abbattuta dal vento e dalla pioggia o dai ladri che rubavano le croci.
Negli anni ospitò salme illustri, quali quelle di Andrea Appiani, morto nel 1802; Carlo Porta, morto nel 1821; Vincezo Monti, morto nel 1828 e ancora donna Paola Litta Castiglioni, amica del Parini, di Luigi Sacco che prosciugò le paludi di Colico e introdusse in Italia le vaccinazioni, di Felice Belotti; dei più non furono attribuibili i resti.
Nel 1866 parte del cimitero fu chiuso. Ma nel 1875 fu riaperto per poi essere definitivamente chiuso il 31 agosto del 1883. Da allora non vi furono più inumazioni. Le croci vennero tolte, ma non i morti. Le croci furono utilizzate in parte per la costruzione del forno crematorio e per i lavori di fognatura.
Negli anni successivi quel luogo andò perdendo il suo carattere sacro al punto che una parte dei terreni vennero coltivati a cavoli e in una parte v’erano scavi così che di tanto emergevano resti di salme.
Nel 1897 parte del cimitero fu affittato a un negoziante di cavalli. Di contro nel 1898 i sacerdoti Antonio e Giuseppe Videmari avanzarono la proposta di erigere su quel terreno un oratorio. Il Comune non fece sua la proposta ma sottoscrisse quella avanzata da don Luigi Casanova, allora rettore dell’Istituto dei sordo-muti poveri. Il suo progetto prevedeva di trasferire su parte di quell’area la Casa per le sordo-mute, istituita dalle suore canossiane, a San Michele alla Chiusa, e di realizzare: una Scuola per le figlie del popolo, un Oratorio festivo femminile e una Chiesa-ossario aperta al culto dei fedeli. I denari per fare fronte alle prime spese, compresa quella dell’acquisto di parte dell’area dell’ex cimitero – 12316,88 mq. a 10 lire il mq – furono raccolti dalla Commissione, tramite oblazioni, e il 26 maggio 1899, il Consiglio Comunale deliberò la vendita vincolandola agli scopi predetti. La chiesa-ossario è dedicata a S. Gregorio e lo scultore Achille Alberti ne realizzò una statua.
L’opera di edificazione iniziò nel 1903, ovvero 20 anni dopo la chiusura del cimitero, così come prevedeva la legge.