BREVE STORIA DELLA INNSE SINO AL 2006

NASCITA DELLA INNSE

L’origine dell’INNSE l’abbiamo ricavata dall’archivio storico dell’IRI il quale documenta che:
– Società Siderurgica milanese spa costituita il 22 ottobre 1968 con sede a Roma assunse la denominazione di Innocenti meccanica spa nel 1971. Fusa nella Santeustacchio spa a seguito di una delibera assembleare del 26 aprile 1972.
– Società anonima Stabilimenti di S. Eustacchio costiuita a Milano il 22/03/ 1930 con sede a Brescia. Poi Innocenti Santeustacchio spa il 27/4/1973. Poi Innse Innocenti Santeustacchio spa il 30/3/1982.
Il Corriere della Sera l’11 gennaio 1973 così scriveva:
19730111

Poi venne la stagione delle privatizzazioni con Romano Prodi.

L’INNSE E’ VENDUTA ALLA MANNESMAN DEMAG AG

Nel 1995, la INNSE è venduta alla Mannesman Demag AG, del gruppo Mannesmann.
Nel 1997, sulla base di un accordo di programma tra Comune di Milano, Regione Lombardia e Ministero dei Lavori Pubblici, fu deciso che l’area sulla quale sorgeva la fabbrica sarebbe rimasta a uso industriale sino a quando chi la gestiva ne manteneva la sua vocazione produttiva.

L’INNSE CONFLUISCE NELLA SMS DEMAG

Nell’aprile 1999 la Mannesman fece confluire la INNSE nella neonata SMS Demag costituita in joint-venture con SMS Schloemann-Siemag.
I
l 4 agosto 1999 la SMS Demag comunicò alla RSU la decisione che avrebbe chiuso l’officina, con la fine dell’anno, perché in Germania ne aveva una eguale. Ma avrebbe tenuto in Italia il reparto di progettazione.
La RSU disse: non ve la faremo chiudere. E alle parole seguirono le azioni: i manufatti in uscita vennero bloccati; in quel periodo era in produzione una importante commessa della SUMITOMO, con tempi di consegna tassativi.
Dopo alcuni mesi di scioperi e blocco in uscita del materiale finito la SMS desistette dall’idea di chiudere e  propose la vendita.
Nel novembre di quello stesso anno al ministero dell’Industria la SMS firmò un impegno a trovare un acquirente che assumeva tutti gli addetti alla produzione e garantiva di non ricorrere a licenziamenti collettivi per tre anni, dalla sua data di ingresso in fabbrica. In base a tale impegno furono fatti accordi su cassa integrazione e mobilità.

L’INNSE E’ COMPERATA DALLA MANZONI GROUP S.P.A

Nel maggio del 2000 la fabbrica passò alla Manzoni Group s.p.a.. Il beau gest della Manzoni Group, fruttò al suo presidente, Lucia Alborghetti Manzoni, il premio Belisario quale manager dell’anno 2000.(1) Meno note sono le facilitazioni che ottenne:  assunse tutti gli addetti facendoli passare dalla mobilità, ottenendo così 18 mesi di sgravi fiscali, pari a quasi la metà dello stipendio di ognuno; la SMS oltre a pagarle il subaffitto del capannone (di proprietà della Aedes) le pagò anche il riscaldamento e si offrì di fornirle nel trienni successivo: 150.000 ore di commesse. La Manzoni Group forte di quelle che aveva in portafoglio non accettò l’offerta.
La nuova proprietà si era obbligata a mantenere in organico la forza lavoro che era della SMS. Ma non mantenne i patti: 5 lavoratori non furono “assunti”. Intervenne il giudice e i 5 furono reintegrati. Dopo 3 giorni dal loro reintegro licenziò 2 delegati sindacali: Vincenzo Acerenza e Dario Comotti. Questa volta  non vi fu bisogno del giudice perché fossero reintegrati: tutti i lavoratori scesero in sciopero e la Manzoni Group fu costretta a revocare i licenziamenti. (Giova ricordare che la Manzoni Group non desistette dal proposito di liberarsi dei due sindacalisti e offrì loro una ragguardevole somma di denaro: loro sono rimasti, la Manzoni Group non c’è più).
Nel 2001, dalla fabbrica uscirono 49 presse e 20 carri. Il risultato fu ottenuto con ore di straordinario e ricorso a subappalti.
Ma nel 2002 cominciarono i problemi. Le presse che la Manzoni aveva prodotto risultarono difettose: l’azienda ne produceva di due tipi: da 5000 o da 15000 tonnellate e quelle che fornì – di entrambi i tipi – a una ditta francese di automobili risultarono non conformi alla bisogna: erano state prodotte con gli stessi spessori di lamiera e con le stesse saldature, con conseguenze facilmente immaginabili. Ne nacque un contenzioso. L’azienda andò in crisi di liquidità e la Manzoni Group s.p.a. mise i lavoratori della INNSE presse in Cassa Integrazione Ordinaria, senza accordo sindacale.
La situazione andò rapidamente deteriorandosi. Venne nominato un liquidatore e il 3 giugno 2002 questi convocò l’assemblea dei dipendenti per comunicare loro che la INNSE presse era in amministrazione straordinaria.
Nel dicembre dello stesso anno il tribunale di Lecco, prima sezione, dichiarò lo stato di insolvenza della Manzoni Group s.p.a..(2,3)
Gli operai della INNSE da 100 passarono a 70.
La INNSE presse continuò comunque la sua attività, seppure in uno stato di solidità precaria. Era comunque una fabbrica con grandi macchine: torni, alesatrici, ponti gru da 250 tonnellate e gli operai avevano un alta professionalità. Era una realtà capace di produrre presse, carri e turbine di grandi dimensioni. Una fabbrica con strutture e tecnologia che la mettevano in grado di fornire impianti per industrie siderurgiche, tubifici, laminatoi.
Per questo si fecero avanti dei compratori.
Nel luglio del 2004 il commissario governativo Guido Pucci fu contattato da Mario Nespoli della Oam che dichiarò la sua disponibilità a rilevare l’azienda a condizione che gli fosse concesso di ridurre il numero degli operai da 70 a 30: offerta respinta.
La Camozzi da poco aveva rilevato dalla Manzoni Group la INNSE Macchine Utensili s.r.l rinominata poi INNSE BERARDI e fu  sollecitata a formulare una offerta (non è dato di sapere se la 
formalizzò. Di certo la Camozzi si trovò ad affrontare una causa promossa da due dirigenti della INNSE Macchine Utensili s.r.l. perché non erano stati assunti dalla nuova società e dovette assumerli). Si fecero avanti la Scolari di Cinisello o la Bruno Presezzi di Ornago. Fu ipotizzato un consorzio di imprese con aziende omogenee che potessero rilevare la INNSE. Ma l’ostacolo insormontabile con cui i potenziali compratori si dovettero confrontare, e che nessuno superò, era dato dalla esosità dell’affitto del capannone di Aedes. In quanto società immobiliare quotata in borsa i suoi interessi erano altri: e non è da escludere che forse mirava a mettere in discussione l’accordo sottoscritto dagli attori politici circa i destini dell’area su cui sorgeva il capannone. Aedes non aveva alcun interesse all’attività produttiva del capannone: la sua priorità era che l’area divenisse edificabile.

L’INNSE E’ COMPERATA DA SILVANO GENTA

Per una strana coincidenza del destino tra i compratori della INNSE spuntò anche Silvano Genta. Il 13 giugno 2006 fu accompagnato in Prefettura dall’ex ministro Roberto Castelli che lo accreditò come imprenditore credibile. Egli di mestiere è un venditore di macchine, come quelle che ci sono all’interno della INNSE. Ma la cosa risultò secondaria rispetto al piano industriale che presentò e che gli venne approvato. Con 700mila euro comperò tutte le macchine presenti nel capannone e riuscì a superare l’ostacolo dell’esoso affitto del capannone di AEDES, forse accreditandosi con la società per quel che era, e l’Aedes, diversamente dai politici, capì che quello poteva essere il suo uomo. Di certo diventò il nuovo padrone della INNSE.

Nota
Per conoscere come si è sviluppata nel tempo la vicenda della INNSE abbiamo scritto una cronologia INNSE via Rubattino
_________

1) In occasione del conferimento del premio il Corriere della sera celebrò l’imprenditrice quasi 77seienne e 3 anni dopo la intervistò nell’imminenza del suo ottantesimo compleanno e riportò una sua amara dichiaraziome: la crisi dell’azienda era dovuta “a certe persone che ho avuto attorno” .
2) MANZONI GROUP TRIBUNALE DI LECCO
3) E il 25 gennaio 2017 lo stesso tribunale ha emesso il DECRETO CHIUSURA MANZONI GROUP

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