
Attilio e Lodovico Camozzi il 12 agosto 2012 dopo la firma in Prefettura che prevede l’acquisto della INNSE da parte della Camozzi Holding Spa. (Foto Bonfanti)
Il 18 gennaio u.s. Lodovico Camozzi* ha dichiarato lo stato di crisi aziendale e la messa in cassa integrazione straordinaria di 36 dipendenti, precisando che non verranno fatti licenziamenti ma verranno usati tutti gli ammortizzatori sociali che la legge consente.
Secondo le dichiarazioni riportare dalla stampa Lodovico Camozzi ha sostenuto che tale provvedimento era la conseguenza del fatto che all’azienda veniva impedito di realizzare il piano di investimenti da 8 milioni che aveva preventivato perché: i lavoratori fanno ostruzionismo.
Più recentemente, diversamente dal passato, la Camozzi ha assunto un atteggiamento “rigido” nei confronti dell’ANPI che voleva onorare in fabbrica la memoria dei 15 lavoratori dell’Innocenti deportati nel marzo del 1944 (12 morirono nei campi di sterminio nazisti) salvo poi ricredersene e consentire la commemorazione.

Ingresso della INSEE in via Rubattino 81
Ma partiamo dall’inizio della storia
Nell’agosto del 2009 Attilio Camozzi** padre di Lodovico, concluse in Prefettura l’accordo di acquisto sia dell’attività produttiva della INNSE con i macchinari che vi erano (compresi i 7 che l’allora proprietario, Silvano Genta, aveva tentato di fare fuoriuscire dall’azienda) sia della proprietà dei terreni su cui l’INNSE insisteva, di proprietà della Società Aedes.
Sottoscrisse l’impegno di dare a Silvano Genta 3milioni e 150mila euro e si impegnò con la Società Aedes, dopo la stipula dell’accordo preliminare per la cessione dell’area, di pagare una somma che fu poi quantificata in circa 9,5 milioni di euro.
Attilio Camozzi rilevò la INNSE nella convinzione che non sarebbe stato difficile riportare in auge l’azienda e garantì che nessun lavoratore sarebbe stato licenziato perché disse: questi operai sono una grossa risorsa e hanno un grande know-how tanto che si augurò per il futuro un ampliamento del numero dei lavoratori. Ma non solo. Fece inserire nella trattativa una clausola, che poi firmò, per allontanare l’ombra della speculazione immobiliare dalla operazione. E disse nella prima conferenza stampa dopo l’accordo in Prefettura che: «L’impegno è a mantenere l’area a destinazione industriale fino al 31 dicembre 2025».
A 6 anni di distanza da quei patti e quegli accordi i sogni e gli impegni di Attilio Camozzi, ora che è morto, sembra che il figlio Lodovico non intenda realizzarli come lui aveva auspicato.
In questi anni il Gruppo Camozzi non è riuscito a realizzare significativi utili e ad aumento gli addetti alla produzione che dai 49 del 2009 sono scesi a 36.
Come abbiamo detto Attilio Camozzi è morto; da tempo era nell’azienda con la sola funzione di presidente. Ora il figlio Lodovico gli è subentrato nella carica.
Come amministratore delegato Lodovico ha dovuto decidere come risolvere la situazione di stallo in cui si trovava la INNSE e a pensato che la cosa migliore da farsi fosse quella di elaborare un nuovo piano industriale che da un lato prevedesse investimenti per 8 milioni di euro e dall’altro contemplasse l’avvio di un accordo con il Politecnico di Milano per la realizzazione, su una parte della vastissima area dello stabilimento, di un insediamento di start-up innovative.
Il piano prospettato ai lavoratori dell’INSEE è riassumibile in alcuni punti:
– la concentrazione della produzione in una parte dell’area;
– la sostituzione dei macchinari;
– una diversa organizzazione del lavoro con l’introduzione del terzo turno notturno e la flessibilità sui cambi di mansione.
– l’inserimento di nuovo personale che andrebbe di pari passo con una pianificazione delle uscite dei pensionandi, nel triennio 2016-2018.
Il 9 novembre 2015, di fronte a tali prospettive il consiglio di fabbrica ha compiuto un gesto significativo: non ha partecipato a un incontro con l’azienda, in Comune.
Nel motivare il gesto, in una lettera, il sindacato ha affermato che il confronto con l’azienda sarebbe proseguito a condizione che fosse rimossa la pregiudiziale sul ridotto utilizzo della struttura aziendale esistente.
Come abbiamo detto all’inizio dell’articolo, la risposta dell’azienda è stata quella di dichiarare lo stato di crisi e la messa in cassa integrazione dei dipendenti.
Ma poiché il Gruppo Camozzi da febbraio ha la piena proprietà dell’area (24000 mq di capannone + circa 14.000 mq.di) la dichiarazione di stato di crisi aziendale è anacronistica: le motivazioni che la supportavano (impossibilità di fare investimenti a fronte di accordi disattesi da parti di soggetti diversi dagli operai) non sussiste più.
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* Lodovico Camozzi (presidente e amministratore delegato della Camozzi Holding Spa che porta il nome di famiglia oggi fattura di circa 400 milioni; ha 75 siti sparsi nel mondo, più di 2000 dipendenti, 4 divisioni) è il figlio dell’imprenditore bresciano Attilio Mario Camozzi che nel 2009 sboccò la vertenza INNSE e la comperò.
** Camozzi Attilio (11/05/1937 – 02/10/2015) Nato a Villongo (Bg). Ha incominciato a lavorare come tornitore a 11 anni, in val Trompia. E ha fatto questo mestiere, anche con la tessera Fiom, sino all’età 27 anni , da ultimo a Lumezzene, un piccolo paese in provincia di Brescia.
Nel 1964 insieme a un altro fratello si licenziò, il terzo rimane in fabbrica a coprire le spalle ai fratelli, nel caso il sogno della Camozzi Lavorazione Meccaniche fosse finito male.
Siamo nel periodo del boom economico e l’azienda viene installata in casa di Attilio con due macchine comperate con le liquidazioni.
I fratelli cominciano a lavorare per conto terzi producendo componenti pneumatici per l’automazione industriale. Le cose vanno alla grande e la crescita diviene inarrestabile.
La Camozzi diviene una Holding senza tentazioni di quotarsi in Borsa.
Ai tre fratelli nel tempo si sono aggiunti i loro otto figli.
Nel 2005 l’allora presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi ha nominato Attilio Camozzi Cavaliere del lavoro.
Nel 2009 Attilio Comozzi ha rilevato la INNSE (Innocenti Sant’Eustacchio) di via Rubattino 81 – (24000 mq di capannone e circa 10000 mq. di terreni circostanti a un prezzo simbolico), dopo che per 15 mesi gli operai hanno lottato per impedirne lo smantellamento e per mantenere il loro posto di lavoro. E dopo che 4 di loro con un sindacalista sono saliti, nell’agosto del 2009, su un carro ponte a 12 metri di altezza per rimanervi una settimana sino a che non giunse la notizia dell’interessamento della Camozzi.