Mattei Gianfranco. Nasce a Milano l’11.12.1916. Primogenito di sette fratelli, nel 1938 si laurea in chimica all’Università di Firenze, con il massimo dei voti. Assistente di Giulio Natta (premio Nobel per la chimica nel 1963) all’istituto di chimica industriale del Politecnico di Milano, insegna chimica analitica quantitativa e inizia alcune ricerche sulla struttura e l’orientamento delle molecole polari e sulla produzione di detersivi sintetici. Dal ’36 al ’38 frequenta il corso allievi ufficiali a Pavia. Già nel ’37, con la sorella minore Teresita, che nel 1946 sarebbe diventata la più giovane deputata comunista alla Costituente e nel 1995 sarebbe stata insignita del titolo di Grande Ufficiale al merito della Repubblica italiana, entra nel movimento antifascista lombardo. Allo scoppio della guerra, Mattei è chiamato alle armi.
La sera del 25 luglio del ’43, insieme a pochi altri docenti universitari, compila il manifesto che reclama un cambiamento radicale della vita universitaria.
Nelle settimane successive fa la spola tra Firenze e Milano per tenere i contatti fra i gruppi di antifascisti attivi nelle due città. Dopo l’armistizio è costretto ad allontanarsi da Milano perché il padre è ricercato (aveva diretto la Confederazione dell’Industria durante il governo Badoglio). Si trasferisce prima nel Lecchese e poi in Valfurva dove si vanno formando i primi gruppi di partigiani.
Nell’ottobre lascia la Lombardia, perché troppo conosciuto, e si trasferisce a Roma. Dai dirigenti comunisti romani è incaricato di mettere a frutto le sue conoscenze scientifiche e di organizzare la “santabarbara” dei Gap (Gruppi di Azione Patriottica), in una casa al numero 25 bis di via Giulia. Fabbrica nuovi tipi di ordigni, come una bomba a mano a “doppio effetto” molto efficace contro i mezzi blindati. Contribuisce anche all’organizzazione di azioni militari contro i nazifascisti, ma il pomeriggio del I° febbraio (pare su delazione di una spia fascista), è sorpreso dai tedeschi in via Giulia e rinchiuso nel carcere di via Tasso, insieme a Giorgio Labò*.
E’ torturato per giorni. Ma riesce a procurarsi, da un militare agli arresti, una cinta e la impiega per togliersi la vita, pur di non rivelare i nomi dei compagni. Dal milite prigioniero aveva ottenuto anche un libretto dal quale, una volta deciso di uccidersi, aveva preso un assegno per scrivervi sopra a matita: Carissimi genitori, per una disgraziatissima circostanza di cui si può incolpare solo il fato avverso, temo che queste saranno le mie ultime parole. Sapete quali legami d’affetto ardente mi legano a voi, ai fratelli e a tutti. Siate forti sapendo che lo sono stato anch’io. Vi abbraccio, Gianfranco. Nella notte tra il 6 e il 7 febbraio del 1944 si impicca.
Il Politecnico di Milano gli ha dedicato un’aula;
gli Stormi Six una canzone che riproduciamo attraverso un video prodotto da Eleonora Giordano
* Giorgio Labò verrà fucilato un mese dopo la morte di Mattei, a Forte Bravetta.