21 giugno CHI FA LA CITTA’: CHI LA COMPERA O CHI LA VIVE?

Sono passati 45 anni, era l’inverno del ’77, quando una trentina di ragazzi per nulla politicizzati  – erano gli anni di piombo –  si riunivano in largo Murani e decisero di realizzare un festival con musica, mostre e performance per due giorni, polizia permettendo. (L’anno prima c’era stato l’ultimo festival di Re Nudo, al parco Lambro).
In mezzo alla piazza costruiscono un areostato per appendervi le foto dei viaggi per il mondo che tanti di loro facevano con autostop o inter-rail e cominciano a disegnare un progetto di murales: quello che nei due anni successivi sarebbe poi diventato il Murales di Largo Murani del Gruppo Areostato.
La festa finì due giorni dopo con la polizia a multare di 250mila lire l’unico maggiorenne, di  4, trovati a dormire sulle panchine.
Nel tempo i ragazzi furono aiutati a realizzare i murales*.
Il primo “quadro” approvato è stato capo Wolf un indiano in puro stile prateria urbana; poi venne Jimi Hendrix per ricordarne la memoria: nel maggio del 1968, suonò a Milano; poi fu la volta della copertina dell’album Atom Heart Mother dei Pink Floyd, con la mucca in leggero rilievo dal muro che si volta e ti guarda; infine venne il sole che ride e dice “energia nucleare no grazie”, probabilmente il primo simbolo della lotta antinucleare in Italia. Il simbolo – nato in Danimarca nel 1975 – era stato portato dalla Germania da uno del gruppo ed era più che mai d’attualità visto che in Italia dal 1977 è in costruzione la prima centrale nucleare a Montalto di Castro.
Ai murales si aggiungerà, un cormorano sporco di petrolio a ricordare il disastro ecologico della Exxon Valdez che sta colando a picco.
Un paio di anni fa Io e il Legno ha lasciato l’immobile sul quale campeggiava il murales.
Tale immobile – pare sia stato comperato – da Esselunga che smentisce . (Per inciso – è notizia di oggi – la figlia più giovane del fondatore di Esselunga Marina Sylvia, da 1 anno amministratrice di Esselunga, si è ricomperata i muri, per 435 milioni, del 32,5% di La Vilata Immobiliare, quota che aveva Unicredit, e così il real estate è al 100% della famiglia Caprotti) .
Marina vuole trasformare l’immobile di largo Murani in un nuovo tipo di supermercato; vuole cancellare il murales e sostituirlo con delle immagini di Maurizio Cattelan  e Pierpaolo Ferrari, probabilmente tratte dalla loro rivista Toilet Paper (Carta da Gabinetto): un nome non proprio indicato per un supermercato!
Ieri in largo Murani si è svolta una manifestazione, partecipata, convocata da 4 donne, una delle quali nel 1977, aveva 17 anni, e ha partecipato alla festa.

Loro si sono augurate che Marina, riconsideri il suo progetto: perché quei murales sono storia e attualità: anticipano di decenni temi che ancora oggi sono irrisolti: la libertà delle minoranze etniche, le sfide ecologiche, le sfide nucleari, la bellezza della musica. Sono arte pubblica non solo carta da gabinetto! Sono gli antesignani della street art non a fini di lucro.
Quelle donne sono coscienti che esistono perizie di “fior di esperti” che dicono che i murales non sono recuperabili.
Balle siamo la patria del restauro. L’ultima cena è stata restaurata, la Cappella Sistina … Pompei ecc… Che sarà mai restaurare una storia di 45 anni che ancora ci fa riflettere sul nostro destino ed è storia per gli abitanti della piazza, del quartiere, della Zona, della Città?

Su Cheng.org è stata lanciata una petizione per salvare i murales.
Posizionatevi sulla scritta Cheng.org e arriverete alla pagina della petizione

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Questo articolo trae spunto ( a sua insaputa) da un articolo di Claudio Jampaglia apparso su Radio Popolare.
* La testata dell’articolo raffigura il Murales.
Chi li aiutò fu anche Paolo Rosa (1949-2013), tra i fondatori nel 1982 di Studio Azzurro, collettivo di ricerca artistica che esplora le possibilità poetiche ed espressive delle nuove tecnologie), e l’artista Antonio Miano.
Rosa e Miano, allora insegnanti in Hajech, avevano … ispirato i ragazzi del gruppo Aerostatico di Largo Murani.
Centro propulsore dell’iniziativa, la Fabbrica di Comunicazione di San Carpoforo (luogo straordinario che dal 1976 al 1978 vide passare tra gli altri John Cage, l’Odin Teatret, David Cooper), sede del Laboratorio di Comunicazione Militante, che ebbe Paolo Rosa tra i suoi protagonisti. “La convinzione del gruppo è quella di un diritto sociale all’arte che implica la conoscenza, l’invenzione e la produzione e il non essere più solo ricettori di quanto viene prodotto”, Angela Madesani – Artribune 23/8/2013.

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