8 aprile SCREENING TRA DOTTORI, AFFIORANO I MALATI FANTASMA

Sondaggio di 20 medici di famiglia tra 30 mila assistiti. I positivi in città sono almeno l’1,5%

Corriere della Sera pagina milanese articolo di Sara Bettoni

Irvin Mussi (Foto Corriere della Sera)

Irvin Mussi (Foto Corriere della Sera). Consigliere di Zona 3 nella scorsa legislatura

La premessa: non è uno studio fatto da epidemiologi, bensì un’indagine sul campo realizzata con gli strumenti disponibili. Ma anche così la caccia ai malati sommersi dei medici di famiglia evidenzia un dato: i casi di Covid-19 sono molti di più di quelli riportati nei report ufficiali. E buona parte dei pazienti si è curata a casa. Irven Mussi, medico di medicina generale con studio in via Palmanova, ha chiesto ad alcuni colleghi di Milano e provincia di segnalargli chi tra i loro assistiti ha avuto sintomi riconducibili al coronavirus tra la fine di febbraio e l’inizio di aprile.
Ha chiesto poi chi è stato ricoverato, chi sottoposto a un tampone a domicilio.
Hanno risposto 14 medici di Milano e sei dell’hinterland, in particolare della Zona Est, per un bacino di oltre 30 mila assistiti.
Nel database di Mussi sono 309 i casi Covid, l’1,5 per cento sul campione preso in esame in città. In provincia si sale all’1,8 per cento.
La percentuale è molto più alta rispetto ai dati ufficiali, che ieri riportavano 4.744 positivi su un milione e 400 mila abitanti, lo 0,34 per cento. Questo perché, come è noto, finora sono stati sottoposti al test quasi esclusivamente i pazienti che sono stati ricoverati, mentre gli altri ammalati sono rimasti sottotraccia.
«Tra gli assistiti dei miei colleghi, l’88 per cento dei casi Covid è stato curato a casa — dice Mussi —, gli altri in ospedale. Solo una decina hanno fatto il test a domicilio. La gestione territoriale ha in parte ridotto l’impatto sugli ospedali, ma se l’epidemia fosse stata gestita fin dall’inizio con una strategia per il territorio, la ricaduta sulle strutture sanitarie sarebbe stata meno drammatica». I contagiati potrebbero essere ancora di più. «Abbiamo registrato solo i pazienti con sintomi collegati con alta probabilità al virus. Resta poi inesplorato il numero dei portatori sani o con pochi sintomi».
Se la quota di contagiati si alza, quella della mortalità si abbassa. Il test sul campo però non include gli ospiti delle residenze sanitarie assistenziali, in alcune delle quali il numero di decessi è drammaticamente alto. Anche la Regione sta andando a caccia dei malati sommersi, tramite un portale in cui i medici inseriscono i sospetti positivi. Finora sono stati identificati circa 12 mila nuovi malati nella Città metropolitana.
A differenza dell’indagine empirica di Mussi, quella del Pirellone si allarga a tutta la Lombardia. «Il portale è uno strumento prezioso — dice il dottore —. Però chiede conto dei contagi sospetti attuali, perdendo così i casi precedenti. Quello che vorremmo fare capire è che noi medici di base siamo sentinelle sul territorio. La sensazione è che ora i contagi stiamo diminuendo. Non le morti purtroppo».
I questionari hanno portato alla luce un altro fatto: già da gennaio i dottori avevano notato polmoniti difficili da curare. «Questo ci fa pensare che il virus è diffuso anche a Milano da tempo».

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