Beltrami Filippo Maria. Nasce il 14 luglio 1908 a Cireggio, frazione del comune di Omegna, ora facente parte della provincia Verbano-Cusio-Ossola. Nel 1932 si laurea in architettura al Politecnico. Antifascista.
Dopo la laurea segue le attività del prozio paterno. Nel 1936 sposa Giuliana Gadola, figlia di un noto costruttore milanese, da cui ebbe tre figli: Luca, Giovanna e Michele. I coniugi Beltrami appartengono alla borghesia lombarda di tradizioni progressiste. Presta servizio militare come artigliere a cavallo a Lucca e Piacenza. E all’atto del richiamo cerca di rimanere di stanza a Milano. Nel 1943, nei giorni seguenti all’8 settembre Beltrami si trova nella casa paterna sopra Omegna, essendosi disciolto il reparto a cui apparteneva. Noto nella zona per le sue idee antifasciste Beltrami divenne comandante di una delle prime formazioni operanti fra il lago d’ Orta e la Val d’Ossola con il soprannome di il capitano. La formazione era di composizione eterogenea, dai moderati ai comunisti. Non si definivano ancora partigiani, ma patrioti o ribelli. I nemici li definivano banditi. Già a dicembre il gruppo conta circa 200 uomini. Dopo gli scontri di fine gennaio 1944 i ribelli sono molto provati. Attaccati con insistenza dai nazifascisti, Beltrami e una parte dei suoi, abbandonata la Valle Strona, si schierano intorno a Megolo (frazione di Pieve Vergonte), nell’Ossola. Il 13 febbraio 1944 il nemico li sopraffa insieme ad altri 12 patrioti che si erano uniti a loro.
A lui è stata data la medaglia d’oro al valor militare alla memoria con la seguente motivazione: Primissimo fra i primi volontari della libertà, organizzava la resistenza nelle sue valli ed in pianura, conducendo personalmente le più temerarie imprese. Ferito una prima volta, non desisteva dalla durissima vittoriosa attività e rapidamente conquistava al suo nome una leggendaria e cavalleresca aureola. Di ritorno da un’azione, veniva attaccato da forze venti volte superiori, ma sdegnoso di ripiegare o di arrendersi, si asserragliava con pochi compagni in un casolare e accettava l’impari combattimento. Riportava diverse ferite e continuava nella lotta ardente finché dopo altre tre ore di combattimento cadeva gloriosamente insieme a tutti i suoi compagni.
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