Il 6 dicembre 2012 Francesco Bertucci, venne arrestato dalla polizia, al quartiere Isola, per spaccio. Bertucci faceva parte di un gruppo malavitoso.
Il 7 dicembre 2012, oltre la tangenziale, in un prato di via Caduti di Marcinelle, intorno alle 13, casualmente, fu rinvenuto il corpo di Ivano Casetto, italiano nato in Svizzera, di 48 anni, con precedenti per sfruttamento della prostituzione e porto abusivo d’armi. Era stato ucciso con un colpo di pistola alla nuca. L’ipotesi avanzata dai carabinieri fu che l’omicidio, compiuto con una pistola di piccolo calibro, fosse avvenuto altrove. Dati i precedenti dell’ucciso gli investigatori interrogarono quelli della sua cerchia di amicizie. E’ stato così che una prostituta disse loro che quel giorno era in macchina con la vittima, perché la stava portando da un uomo, e Casetto durante il tragitto aveva ricevuto una chiamata da un certo Bruno che gli aveva dato un appuntamento.
In base a quell’indizio gli investigatori hanno verificato, sulle celle telefoniche, il traffico intercorso tra il cellulare della vittima e chi l’aveva chiamata il giorno innanzi. Hanno così scoperto che l’ultima chiamata ricevuta dal Casetto era quella di Bruno. Verificato il telefono di Bruno per ricostruirne i movimenti gli investigatori dapprima hanno constatato che quel telefonino, quando presumibilmente era stato compiuto il delitto, era spento. Ma sullo stesso avevano trovato traccia di telefonate ricevute e inoltrate dal Casetto. Bruno, probabile lettore distratto, emulo di personaggi famosi che andavano a comperare in svizzera le schede telefoniche per non farsi rintracciare, giunse alla conclusione che bastasse buttare la scheda del suo telefonino e la sostituì con quella della sua compagna. Errore – Non basta sostituire la scheda del proprio telefonino per non essere più rintracciati: bisogna buttarlo. Il telefonino ha un codice identificativo: l’Imei, composto da 15 cifre che lo identifica. Se si continua a utilizzarlo prima o poi, se del caso, si viene identificati. E così è stato. – Bruno che altri non era se non Antonio Cavallo è stato catturato.
Trovato il Cavallo gli inquirenti si sono messi sulle tracce di un suo compare Marcello, alias, di Valiano Alessio. La cui cattura ha permesso alle forze dell’ordine di ampliare la conoscenza del cerchio di amicizie di Bruno e Marcello.
Marcello abitava, abusivamente, in un appartamento assegnato dall’Aler a una anziana signora morta senza che i famigliari l’avessero riconsegnato all’Aler. Prima di catturarlo gli inquirenti avevano inserito una telecamera nello spioncino della porta. Lui se ne accorse perché uscito di casa, aveva toccato la porta per scrupolo, e aveva percepito il calore generato dalla telecamera. Datosi alla fuga venne preso in casa di un conoscente: Antonello Sedda, che custodiva un arsenale. Tra queste c’era anche quella del delitto: una pistola calibro 45. La pistola era compatibile, anche se la canna era stata modificata con una fresatura, con quella che aveva ucciso Casetto.
Indagine chiusa: Valiano, Cavallo e Casetto, come è risultato dai tabulati, erano insieme in piazzale Maciachini e poi sono andati verso Lambrate.
Il 9 ottobre 2014, terminato il processo, i giudici hanno condannato Alessio Valiano a 30 anni e Antonio Cavallo a 18 anni di reclusione perché colpevoli di omicidio volontario.
Casetto oltre ad avere precedenti per sfruttamento della prostituzione e porto abusivo d’armi si era dato allo spaccio; secondo il tribunale avrebbe fatto la soffiata che aveva provocato la cattura di Francesco Bertucci e per questa ragione era stato ucciso.
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