13 giugno Delibera contro il cronista: Sala ora intimidisce

Surreale richiesta danni non al ‘Fatto’, ma al singolo autore degli articoli

Un atto che stupisce e inquieta quello deliberato dal sindaco di Milano Giuseppe Sala e dalla sua giunta nei confronti del giornalista del Fatto Quotidiano Gianni Barbacetto. Potrebbe sembrare uno scherzo se non fosse tutto scritto in una delibera datata 6 giugno che approva “la citazione avanti al Tribunale civile di Milano per ottenere il risarcimento dei danni subiti dall’amministrazione Comunale in relazione alle affermazioni diffamatorie diffuse su social network, dal 15 marzo 2024”. Oggetto: la maxi-inchiesta della Procura sulla nuova speculazione edilizia che sta coinvolgendo funzionari dello stesso Comune, oltre a diversi costruttori.

È sotto gli occhi di ogni milanese lo strano fenomeno di grattacieli che nascono dove solo poco prima c’era un capannone o una casa di ringhiera. È l’effetto magico della cosiddetta Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) che tutto permette, superando piani attuativi e oneri di urbanizzazione. A Milano vincono i palazzinari a discapito dei cittadini che si ritrovano con meno servizi, come si legge nel decreto di sequestro del cantiere di via Lepontina.

Le indagini proseguono e il Comune che vuole fare causa è lo stesso per cui lavorano le tre persone, un dirigente, un responsabile e un tecnico dello Sportello unico dell’edilizia del Comune, per le quali il 31 maggio scorso i pm hanno chiesto il processo. Lottizzazione abusiva, abuso edilizio e abuso d’ufficio, le accuse. E però il sindaco piuttosto che entrare nel merito e dare le necessarie risposte alla città, ha pensato bene di citare in giudizio Barbacetto e non, si badi, per gli articoli pubblicati sul Fatto (nel pezzo qui a fianco potete ripercorrerne i contenuti principali, ndr), in cui ha mosso critiche non tenere nei confronti dell’amministrazione, ma per alcune domande che legittimamente il giornalista si è posto sui social e, chissà perché, per alcune vignette che Pat Carra, non inclusa fra i soggetti a cui fare causa, ha realizzato a corredo di un suo articolo apparso sul Fatto e poi ripreso dal sito Erbacce.

Su cosa si interroga il giornalista che da cronista ha vissuto e raccontato Mani Pulite? Si chiede, come molti altri, se queste concessioni facili e remunerative per i beneficiari siano state offerte gratis, senza nulla in cambio. Del resto il reato contestato ai funzionari, l’abuso d’ufficio, è ipotizzabile solo se l’indagato abbia intenzionalmente procurato a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale. Semplici domande dunque, ispirate da quel decreto di sequestro e dalla logica, ma nessuna affermazione, visto che tra i reati per cui procede la Procura non vi è quello di corruzione.

Sala risponde con una causa civile per diffamazione chiedendo al giornalista dei soldi. Leggere i passaggi della delibera lascia esterrefatti: “In data 15 marzo 2024 il giornalista ha pubblicato sul proprio profilo Fb e sul social X un post contenente dichiarazioni gravemente lesive dell’immagine del Comune di Milano e del suo apparato amministrativo, alludendo a condotte corruttive poste in essere da dipendenti comunali”. E ancora: “L’8 aprile 2024 il medesimo ha condiviso, tramite il proprio profilo Fb, un articolo a sua firma, pubblicato su un blog, con corredo di una vignetta gravemente diffamatoria, rappresentativa di uno scambio di bustarelle”, mentre “il 9 maggio ha pubblicato (…) un ulteriore post contenente dichiarazioni gravemente diffamatorie nei confronti del Comune di Milano e del suo apparato amministrativo, reiterando le insinuazioni di condotte corruttive”. Insomma, vignette e domande, nessuna accusa. Ma tanto basta al sindaco, alla giunta e al segretario generale Fabrizio Dall’acqua per approvare la delibera. Nel frattempo sul tavolo dei pm arrivano lettere anonime che invitano a indagare su “consulenze” e “incarichi” che i membri della Commissione paesaggio del Comune riceverebbero da costruttori. Gli 11 membri della commissione sono di diretta nomina del sindaco. Tanto che il gip sempre in quel nel decreto scrive che una commissione così fatta “non garantisce trasparenza e indipendenza”.

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